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antonio montanari

Marzabotto

Se la storia non si ferma a Marzabotto durante la guerra, ma coinvolge la politica della Repubblica democratica nata dalla Resistenza...
Martedì sera va in scena al teatro Duse di Bologna un testo di Carlo Lucarelli che, partendo dalla strage di Marzabotto, ricostruisce la vicenda post bellica del cosiddetto "armadio della vergogna".

Rimasto chiuso per mezzo secolo (1944-1994), esso custodiva alla Procura generale militare di Roma, documenti sull'eccidio, 770 vittime, in gran parte donne bambini preti.
Spiega Lucarelli: "I fascicoli rimasero nell'armadio e non permisero di istruire i processi contro i militari perché, in tempi di guerra fredda, era subentrata la ragion di Stato che impediva di mettere in imbarazzo il nuovo alleato germanico funzionale alla comune lotta contro i Paesi comunisti del patto di Varsavia".

Altra vicenda politica del dopoguerra. Giovanni Sedita su "Nuova storia contemporanea" ricostruisce i processi a Nicola Pende e Sabato Visco, docenti epurati perché firmatari del "Manifesto della razza" del 1938.
Come spiega Dino Messina "nessuno pagò", ed alla fine "la politica razziale del regime risultò senza razzisti".

Morale della favola. Chi muore giace e chi vive si dà pace, dice un vecchio adagio sempre attuale. La Storia sembra essere fatta apposta per confermarlo.


Fonti: le parole di Lucarelli sono riprese da un servizio di Anna Tonelli su "Repubblica di Bologna" di oggi. L'articolo di Dino Messina è sul "Corriere della sera" di oggi.

 

Lodo Alfano? No lodo Collodi...


Modesta proposta. In attesa che si pronunci la Corte costituzionale, al "lodo Alfano" cambiamogli nome, chiamiamolo "lodo Collodi". Indica meglio la sua natura. A chi l'ha proposto dovrebbe crescere il naso come a Pinocchio. L'art. 1 è uguale all'art. 1 comma 2 del "lodo Schifani" (2003) dichiarato incostituzionale dalla Suprema Corte nel 2004.
Ieri sera a Milano il tribunale in cui è in corso una causa che vede come imputato Silvio Berlusconi, ha deciso di chiedere il parere della Corte costituzionale.

A richiamare l'attenzione della sentenza del 2004 relativa all'articolo del "lodo Schifani" travasato in quello di Alfano, è stato di recente il presidente emerito della stessa Corte costituzionale Antonio Baldassarre, in un'intervista al "Corriere della Sera".
Oggi il quotidiano di via Solferino dimentica quella intervista, anche se ricorda la sentenza del 2004. E riapre il discorso con due pareri opposti. A favore del "lodo Alfano" è un altro ex presidente, Alberto Capotosti. Contro, il costituzionalista Alessandro Pizzorusso. Ma la sentenza del 2004 dovrebbe tagliare la testa al toro.

Questo però non lo si può scrivere perché si aprirebbe un delicato problema di carattere politico ed istituzionale: come mai il Quirinale ha firmato il "lodo Alfano" nonostante la sentenza della Corte costituzionale del 2004?
Indirettamente alla domanda risponde Curzio Maltese nel supplemento libri di "Repubblica" recensendo "Bolzaneto" di Massimo Calandri: in Italia "la Costituzione è già morta e quasi nessuno se n'è accorto".

La vicenda del "lodo Alfano" copia-conforme dello Schifani, per il modo in cui è stata oscurata rientra tra quelle "solite litanie quotidiane" di cui parla stamani sulla "Stampa" Lucia Annunziata. E che impediscono di vedere i veri problemi.
Lo "scenario terrificante" di cui Lucia Annunziata parla a proposito degli Usa, ("un vuoto di potere al centro dello stesso potere mondiale"), potrebbe essere lo stesso su cui collocare la vicenda del "lodo Alfano", per i motivi indicati da Curzio Maltese: "la Costituzione è già morta e quasi nessuno se n'è accorto".

La responsabilità maggiore ricade sulle spalle dei politici o del "quarto potere" dell'informazione?
Un opinionista moderato e conservatore come Piero Ostellino nello stesso "Corriere della Sera" di oggi censura lo scandalismo che predomina in certi giornali che non amano le inchieste.
La vicenda del "lodo Alfano" non rientra nella categoria dello scandalismo o dell'inchiesta. Racconta le paure di un'informazione che teme di turbare gli attuali equilibri politici.

Speriamo che, in un giorno non lontano, si possa leggerne qualcosa sul tipo di quanto oggi sulla "Stampa" ci ha offerto Mattia Feltri con l'impeccabile ricostruzione della biografia politica di Luciano Violante.

 

Togliatti resta il Migliore?

A San Mauro Pascoli hanno "processato" Palmiro Togliatti. Padre della democrazia o servo di Mosca? Il "Migliore" se l'è cavata per un pelo (quattro voti a favore e tre contrari), dopo le arringhe di accusa e difesa, e grazie ad una giuria "popolare" composta da un "industrial manager" (il presidente, Fabrizio Casadei), e sei giornalisti tutti di testate locali.

Uno di questi giornalisti è soltanto esperto di questioni economiche, due altre colleghe sono ben ferrate in storia e politica, un altro dichiara nel suo sito tra i fatti memorabili della sua vita che è stato decorato del titolo di commendatore al merito della Repubblica da Silvio Berlusconi e di essere stato pure cantante-ballerino.

Riproduco il commento che un altro giornalista locale (non in giuria), Filippo Fabbri, ha composto nel suo blog: "Decisamente noioso il Processo a Togliatti. Ravvivato dal colpo di coda dell'assoluzione finale. Guardando la giuria, un mezzo miracolo. Certo che sarebbe stato un bel colpo: Togliatti condannato a casa propria. Intendendo per casa la Romagna Rossa e non certo le sue origini anagrafiche. Personalmente avrei optato per l'assoluzione".

In un paese come l'Italia in cui si fa fatica a far giustizia con i vivi, figuriamoci se è "facile" gestirla nei confronti di trapassati illustri come Togliatti. Il comunismo (anche) in Italia non è mai stato soltanto un fatto politico, ma soprattutto una "religione" neppure tanto laica.
Sarebbe curioso conoscere il pensiero segreto dei giurati sul comportamento avuto da Togliatti in Russia, quando i suoi connazionali antifascisti rifugiatisi nella patria del comunismo, subirono una tragica fine. Oppure non ne sapevano nulla?

Togliatti, ha scritto Enrico Nistri, "avallò la deportazione in Siberia di antifascisti italiani ritenuti da Stalin 'deviazionisti' o giustificò con argomentazioni paludate di hegelismo d’accatto il trattamento inumano dei nostri prigionieri in Russia".

Un "processo" divenuto spettacolo con troppi giurati "popolari" estranei alle tematiche storiche, resta un fatto "estivo", divertente o noioso che sia.

Sul tema, si può leggere questo interessante pezzo che esula dai fatti contingenti (il processo di San Mauro a Togliatti), ma pone una seria questione: che cosa significa giudicare un personaggio storico?

 

Col seno di poi

 
Nulla ci calerebbe della vita erotica o puramente sentimentale dei nostri leader politici, se non fosse per via della solfa che essi fanno in difesa del modello cristiano della famiglia, quando a buon diritto sono palesemente libertini e poligami, secondo quel modello.
Ad altrettanto buon diritto, dovrebbe essere lasciata pure agli altri la stessa possibilità di scelta che essi hanno operato con quelle piccole garanzie per le "coppie di fatto" che scandalizzano lorsignori. Fermo restando il dato che il sottoscritto ha seguìto il modello cristiano, senza pentimento alcuno, ma anzi sempre più convinto che esso possa in moltissime situazioni essere un'ancora di salvezza ben salda. Ma ciò non significa che poi agli altri non debba essere lasciata ogni libertà laicamente e legalmente intesa.

Nulla dunque ci interesserebbe delle recenti foto che ritraggono il nostro premier con relativa attuale consorte, se non fossimo costretti a riflessioni non superficiali da quanto sopra di esse scrivono i giornali.

Dove l'interpretazione politica ovviamente prevale sul puro pettegolezzo inteso come divagazione da chiacchiera estiva tanto per passare il tempo.
Sul "Corsera" Maria Latella che bene conosce Veronica Lario (a cui nel 2004 ha dedicato una biografia "autorizzata", "Tendenza Veronica"), attribuisce a quest'ultima una battuta pungente al punto da apparire autoconsolatoria. Il cavaliere ha indispettito varie volte la consorte. Il farsi ritrarre felice assieme a lei può aver rattristato, secondo la signora Lario, quanti speravano in un loro divorzio.
Da usare come arma politica, aggiungiamo, allo stesso modo con cui è stata utilizzata la presenza di questi libertini bigami in piazza San Pietro per la difesa dell'ideale cristiano di famiglia.

Proprio la presenza insolita della signora Lario sulla scena dell'attualità, induce Maria Latella a scrivere che se "la casalinga di Macherio" ha lasciato il suo eremo, "una qualche sostanza ci dev'essere".

Nel settimanale femminile allegato al "Corsera" odierno, Guia Soncini offre un'interpretazione inizialmente in linea con quella di Maria Latella, ma con conclusioni opposte.
Le "foto di Portofino" di Veronica Lario offrono un'imperdonabile criniera al vento, tessuti lucidi peggio di quelli delle ballerine di Drive-In, la scollatura "scesa", scrive Gaia Soncini. Che in base a tutto ciò ritiene che la signora Lario abbia voluto esprimere "un boicottaggio politico del marito": "Il messaggio alla nazione suona qualcosa come: se non riesco a far star su il décolleté di mia moglie, figuriamoci il Paese".

Insomma, l'abito fa il monaco e fa pure la consorte del premier. Anzi dice dello stesso premier quello che nessuno oserebbe ammettere nel suo ambiente. Veronica Lario, dunque, per Gaia Soncini, è la "metafora del crollo di un sistema-Paese". Lo Stivale cede come il "balconcino" della signora del primo-ministro.

Crolla la spesa pubblica, cala la moneta circolante. Se anche uno sguardo levato in alto costringe ad abbassare gli occhi, allora cascano veramente le braghe, come dicevano una volta.

[Anno III, post n. 248 (625), © by Antonio Montanari 2008]

 

Forza e coraggio

Forza e coraggio era l'insegna di una società ciclistica dell'Ottocento romagnolo, ed è tuttora quella di una società ginnastica milanese nata verso la fine di quel secolo.
Francesco Rutelli l'ha adottata come etichetta politica. Ma nella vita non si può avere tutto. Se "Coraggiosi" si sono definiti lui ed i suoi seguaci come corrente di destra del Pd, non possono però chiamarsi pure forti se vanno verso un abbraccio un poco periglioso, quello con l'Udc di Pier Ferdinando Casini.

A Montecatini Rutelli oggi ha attaccato Veltroni in puro stile democristiano. "Siamo qui per aiutarlo e sostenerlo" si è espresso, mentre rivendicava l'originalità di una diagnosi infausta per l'Italia dei Valori e la sua alleanza con il Pd. Morale della favola, bisogna cambiare partner. Liquidare Di Pietro ed andare con Casini.

In tutto ciò non c'è molto di originale né di fantasioso. Casini era stato la pedina su cui aveva puntato il Vaticano. Gli elettori lo avevano bocciato. Quale migliore occasione che riscoprilo ora come alleato, prendendo due piccioni con una fava, ovvero la benedizione d'oltre Tevere e lo scalpo di Veltroni.

Ma ci sono in Italia le condizioni per fare tutto questo sconquasso? E' vero che l'appoggio della Chiesa a Berlusconi è venuto a mancare sin dallo scorso agosto. Quando scrissi a proposito del meeting riminese di Comunione e Liberazione, un post intitolato "CL, Silvio addio".
Allora alla proposta di Giulio Tremonti di fare l’alzabandiera nelle scuole, Cesana rispose con un commento che più velenoso non si poteva: «Ho il sospetto che l’unica bandiera da alzare sia quella bianca». Osservai che nella visione religioso-filosofica di un movimento ecclesiale quale CL, la politica entra come un accidente della Storia, ovvero come qualcosa che deve aderire e mirare a valori eterni (la Verità di cui si discuteva al Meeting).

Da allora di strada ne è stata fatta, sembra che CL sopporti sempre di meno il cavaliere. Di qui l'orientamento vaticano nelle ultime elezioni di portare a palazzo Chigi il buono e bravo Casini. Ma che a tentare l'impresa dopo il fallimento nelle urne sia un esponente del Pd, per quanto "uomo di centro", è una cosa veramente comica.

In queste ore si discute tanto della norma che mirerebbe a sospendere i processi, "per reati commessi fino al 2 maggio 2006", affidando l'individuazione dei criteri di rinvio ai "dirigenti degli uffici".
Non voglio farla lunga, dico soltanto che la cosa sembra molto contraria al dettato costituzionale dell'uguaglianza fra tutti i cittadini.
Volevo parlare di questo argomento, Rutelli ha occupato tutto lo spazio, mi limito a dire che sottoscrivo la posizione dei "Cento costituzionalisti" contro il Lodo Alfano. I quali hanno espresso "insuperabili perplessità di legittimità costituzionale".

 

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