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Al contadino non far sapere

La storia della bontà del formaggio con le pere da non far conoscere al contadino, è stata spiegata dal prof. Massimo Montanari in belle pagine (2008). Il proverbio nasce nel 1500 "in un contesto economico e culturale di avversione al mondo contadino, a cui le classi dominanti (in Italia, soprattutto cittadine) negano ogni pretesa di avanzamento sociale".
A proposito del tener nascosto, due secoli dopo Montesquieu ricorda che il cardinal Lorenzo Corsini, poi papa Clemente XII, sosteneva: l'invenzione delle parrucche ha mandato in rovina Venezia, perché i vecchi nascondendo i loro capelli bianchi non si sono più vergognati di corteggiare le donne. Montesquieu aggiungeva che nel Consiglio veneziano non si era "più distinta l'opinione dei vecchi da quella dei giovani".
Pure negli Stati democratici oggi si usano tante parrucche e si cerca di non far sapere molte cose ai cittadini. Barbara Spinelli sulla Stampa criticava (10.2.2008) il sistema informativo americano, gestito da "conventicole" che sentenziano sui gusti della gente. E si chiedeva da dove derivasse "tanta scienza infusa": "Una realtà diversa vive nei blog, affastellando interessi che le élite giornalistiche neppure immaginano, ignorandole".
Spinelli poi (17.5.2009) parla del nostro Paese: "Il cittadino è molto male informato, e la mala informazione è una delle principali sciagure italiane. [...] La menzogna viene [...] dai governanti, e in genere dalla classe dirigente: che non è fatta solo di politici ma di chiunque influenzi la popolazione, giornalisti in prima linea. [...] I fatti sono reali, ma se vengono sistematicamente manipolati (omessi, nascosti, distorti) la realtà ne risente, ed è così che se ne crea una parallela".
Il 2.10.2009 Spinelli aggiunge: "Si ha l'impressione che i giornali italiani si censurino in anticipo, temendo chissà quali ritorsioni". Un anno prima ha spiegato la sua teoria politica: libera informazione e divisione dei poteri sono i presidii della democrazia. Sempre sulla Stampa (20.6.2010), trattando di democrazie a rischio per la crisi economica, chiama l'Italia allergica alla cultura del controllo esercitato dall'informazione. Criticata in una risposta ai lettori dal direttore del suo giornale, Spinelli se ne va dal foglio torinese (21.10.2010).
Il giornalismo politico non dovrebbe abusare della fantasia, come invece Federico Fellini faceva nel 1960 con Camilla Cederna, inventandosi un'infanzia di dolore in collegio dai preti ad Urbino. [1031]

Antonio Montanari
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il Ponte, Rimini, 13 marzo 2011

 

Le Regine della Repubblica

Chi ha pronunciato le tre frasi che seguono? "No, non mi sento uno sconfitto. Mi sento in battaglia, fermamente intenzionato a combattere..."; "Non ho nessun potere, sono come la regina Elisabetta"; "Ieri mi ha chiamato persino Obama, che in politica estera è un principiante, è un ragazzo".
Piccolo sondaggio telefonico tra amici. Chi è stato chiamato da Obama? Risposta unanime: soltanto una signora tedesca dura come la cancelliera Merkel può aver pronunciato così arroganti parole. Chi non si sente sconfitto? Troppo facile, altra risposta fissa: il leader libico Gheddafi. Ed infine, chi si paragona alla regina d'Inghilterra sentendosi senza alcun potere? Una bella risata ha preceduto la certezza comune a tutti gli interlocutori: non può essere che il presidente del Consiglio italiano.
Le risposte raccolte nel sondaggio sono completamente sbagliate. Neppure una ha fatto centro. Chi si sente in battaglia, non è Gheddafi, ma il presidente della Camera italiana Fini. Il quale, rinnovando dal settimanale "L'espresso" la sua sfida politica a Berlusconi, ha confidato di giocarsi tutto. Silvio, ha aggiunto, è l'opposto dei princìpi liberali che predica, e non tollera alcun tipo di dissenso.
Prevedo l'obiezione: le risposte del sondaggio non sono sbagliate perché, secondo Fini, Berlusconi è un tipo come Gheddafi. Ed infatti come il capo libico, anche il nostro premier (28.02) vorrebbe una Costituzione su misura: quella attuale priva "il presidente del Consiglio di ogni potere". Se una legge del governo "per caso al capo dello Stato non piace", essa ritorna al Parlamento; e "se non va giù ai Pm di sinistra, ricorrono alla Corte costituzionale che la abroga".
Berlusconi (25.02) è invece quello che considera Obama "un principiante, un ragazzo", incapace di avere idee chiare sulle questioni estere che invece a lui sono molto chiare perché ha preso lezioni private dalla "nipote di Mubarak", che poveretto proprio per questo fatto è stato cacciato di casa.
E sapete perché ha preso lezioni private dalla "nipote di Mubarak"? Andato in Egitto aveva detto dello "zio" di lei, come testimoniano i telegiornali, che Mubarak era al governo da 30 anni e gli avrebbe dovuto spiegare come aveva fatto a durare tanto. Grazie a quelle lezioni, il nostro premier avrebbe voluto trovare la strada per avere più potere, dato che oggi da noi comanda l'opposizione che gli impedisce di governare. Ma il paragone con la regina Elisabetta (24.02) è soltanto di Gheddafi. [1030]

Antonio Montanari
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Poche idee ma confuse

Tommaso Padoa Schioppa nel 2007 definì bellissime le tasse. Gli rimproverano ancora quelle parole. Aveva ragione. Dalla consapevolezza che le tasse sono il piedistallo della democrazia nacque, nel 1773 con la rivolta del tè a Boston, l'idea moderna di Stato. Con le imposte nasce il patto sociale fra cittadini che altrimenti sarebbero servi di un signore feudale o sudditi di un sovrano assoluto.
Giuliano Amato è stato accusato di volere una tassa patrimoniale. Lui risponde: non è vero, e mi trovo nella stessa situazione del signore anziano di Napoli seduto sulla tazza del bagno durante un bombardamento che fa crollare la facciata del palazzo dove abita. All'arrivo dei pompieri il signore dichiara: ho tirato la catenella dell'acqua e boom.
Nel Corriere Romagna si è letta una specie di rubrica sui tabù da infrangere, intitolata "La provocazione è il sale della vita", a firma di un noto riminese. Un lettore mi scrive che quel testo è ricopiato pari pari dal sito di un docente universitario di Antropologia a Napoli, Marino Niola. Ovvio, è stata una vera provocazione: non produrre ma riprodurre.
A proposito di lettori. Quello che qui ha protestato per il Tama 1023, ha lo stesso cognome ma diverso nome di chi nel 2002 per il Tama 829 inviò una lettera di analogo contenuto censorio in difesa del presidente Berlusconi.
Piero Ostellino tiene sul Corrierone una magistrale rubrica di Filosofia politica destinata ogni settimana a smentire il proprio titolo, "il dubbio". L'ultima puntata tratta della violazione dei diritti individuali di una ragazza buttata giù dal letto dai poliziotti alle sei del mattino. Ostellino dichiara con una certa arroganza di essere paladino non di Berlusconi ma soltanto di Popper, Croce, Locke, Hume, Kant, Mill.
Dimentica un piccolo particolare nello sfarfallio dei tanti illustri nomi esibiti come il rullo di tamburi durante la corsa sul filo di un atleta al circo. Dimentica che a quella ragazza la Polizia è arrivata tramite il suo convivente, fermato con tre chili di coca sull'auto non loro ma intestata a Nicole Minetti.
In un box in uso a quella ragazza, c'erano poi 9,6 kg. di coca, per cui il convivente il 27 gennaio è stato condannato a otto anni di carcere. Ovviamente i magistrati non hanno ascoltato né Ostellino né Popper etc. Però Ostellino dovrebbe informarsi sui dati di fatto prima di accusare di violazione dei diritti individuali, anche se pensa (come sostiene altrove) che l'Italia è uno Stato canaglia. [1027]

Antonio Montanari
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Mafie a Rimini

Nostre mafie, scritto dal 1990

Un recente volume di Enzo Ciconte racconta la 'Ndrangheta padana dal 1990. Rimini, pur essendo in Romagna e non in Lombardia, rientra in quel discorso proprio dal 1990, anno in cui nel Ponte pubblicai alcuni articoli relativi al tema, come risulta anche dal mio libro (1997) sul nostro giornale fra 1987 e 1996 (pp. 119-121).
Appunto per il 1990 scrivo: "La droga che arriva in Riviera è collegata alla camorra di Napoli e Milano". La Polizia di Bologna non ha dubbi: "Sulla Riviera romagnola sono sempre più numerosi i tentacoli delle organizzazioni criminali siciliane. La mafia investe sulla costa". E Rimini era diventata base per il riciclaggio di denaro "sporco", e nascondiglio per latitanti e banditi accusati di feroci rapine. Secondo il magistrato riminese Roberto Sapio, aggiungevo, la nostra città aveva avuto un passato "di smistamento della droga e di possibile riciclaggio del cosiddetto denaro sporco".
Il Questore di Forlì non era d'accordo: "La presenza di qualche latitante oppure di banditi siciliani non significa che la mafia sia radicata in Riviera". Nel Tama 362 (settembre 1990) gli indirizzai una lettera aperta, partendo dalla sua solita battuta che Rimini non era Palermo: "Lei sostiene che fenomeni mafiosi, da noi, non esistono. Nessuno può darle torto, anche se molti nutrono forti dubbi in proposito. Tutto sta, forse, nell'intendersi sulle parole. Mafia, camorra, 'ndrangheta sono marchi registrati di cui è vietata l'importazione? Oppure sono tendenze, 'suggerimenti' che qualcuno potrebbe raccogliere e poi sviluppare a proprio piacimento? [...] Il suo ottimismo, signor Questore, non sembra venir meno neppure davanti al fenomeno della criminalità organizzata: che esiste, e lei lo ammette, ma per tranquillizzare tutti noi, quasi a volerci fornire una camomilla per via giornalistica, lei precisa sùbito che di piccola criminalità si tratta, non di quella grande, presente in altre parti d'Italia".
Passiamo ai nostri giorni. Nel maggio 2010 Andrea Gnassi, a proposito di mafia e camorra in Riviera, parla del rischio di "fatti evocati e denunciati ma difficilmente rintracciabili". Gli ricordo che il sen. Carlo Smuraglia (Pds) della Commissione antimafia già nel 1994 aveva spiegato: "In Romagna è ben presente la mafia che lavora in camicia e cravatta", più difficile da combattere di quella che spara. Smuraglia fu estensore per la Commissione antimafia del dossier sugli insediamenti mafiosi in "aree non tradizionali". [1025]

Dossier Mafia 2010
[Andrea Gnassi ha vinto a dicembre 2010 le primarie del Pd per le prossime amministrative di Rimini.]

Antonio Montanari
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Altre mafie

Torniamo sul discorso della mafia in Riviera, senza pretendere di esaurirlo. 1991. Sull'A-14 tra Rimini e Cesena, sono rivenuti i corpi di due persone uccise a colpi di pistola alla nuca, sono un siciliano ed un barese. Tre ventenni milanesi, pericolosi criminali, nei mesi estivi hanno spostato la loro base a Rimini dove vendevano hashish con criteri manageriali. Il sindaco di Cattolica Micucci accusa due o tre camorristi napoletani di grosso calibro, parlando di "segnali ben più inquietanti tipici del racket". Da Cattolica il capogruppo pds Gabellini ammette: "La malavita organizzata sta rafforzando le radici".
1992. Il procuratore della Repubblica Franco Battaglino, interrogato sulla presenza mafiosa in Riviera, se la cava con una battuta. Ribadisce che Rimini non è Palermo, e racconta: "I mafiosi non vanno certo nel Sahara, dove si muore di fame e di sete. Il fenomeno è forse aumentato rispetto ad alcuni anni fa". 1993. Il presidente dell'Antimafia Luciano Violante dichiara che essa "ha vestito i panni puliti della intermediazione finanziaria, ma è ben presente". Gli usurai hanno "i colletti bianchi". A gennaio sono eseguiti 9 arresti, e 4 società dal credito 'facile' finiscono sotto inchiesta, per truffa ed associazione a delinquere. 1994, il prof. Giancarlo Ferrucini per il "balletto dei fallimenti" ipotizza che vi sia interessata anche la mafia. La "Rete" di Leoluca Orlando accusa le locali Giunte di sinistra d'aver sottovalutato il fenomeno.
Nel 1997 Pietro Caricato scrive sul "Corriere di Romagna": per il Prefetto di Rimini nel nostro territorio "non esistono problemi di mafia russa". Pino Arlacchi, vicesegretario dell'Onu, sostiene invece che la mafia russa fa investimenti in Riviera. Aggiunge Caricato: se il nostro sindaco Chicchi "dice di sapere che la mafia [nazionale] gestisce le bische clandestine, l'usura e lo spaccio" della droga, il presidente dell'Antimafia Ottaviano Del Turco "afferma candidamente che l'Emilia Romagna ha una dose di criminalità organizzata ma non la mafia".
Dicembre 2005. Il procuratore nazionale antimafia Piero Grasso spiega: anche per Rimini vale il principio che il denaro si accumula al Sud e si investe al Nord. 2008, presidente della Provincia e sindaco di Rimini sono notevolmente preoccupati per notizie che "configurano un quadro di infiltrazione malavitosa in diversi settori del tessuto economico-imprenditoriale" locale. Di racket l'on. Stefano Servadei ha parlato sin dal 1984. [1026]

Antonio Montanari
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Non era Gheddafi

Possiamo smentire la notizia diffusa da un capo di governo non straniero, secondo cui una certa barzelletta spinta (inadatta al nostro stile), gli sarebbe stata raccontata dal premier libico Gheddafi. Nulla di più falso. Chi ha presentato in Italia quella storiella è il comico Raul Cremona, apparso in una vecchia trasmissione di Zelig, riproposta da una rete digitale di Mediaset la sera di giovedì 2 dicembre, ad inaugurare in loco l'innovazione tecnologica della tv.
Non tutto ciò che si racconta è vero. E non tutto ciò che è vero si può raccontare. Oppure è stato mai raccontato. Ripeschiamo nella nostra memoria personale alcuni fatti che ci rimandano al tema molto discusso in questi giorni, non soltanto nel provinciale Stivale nazionale, bensì a livello planetario, per le rivelazioni di WikiLeaks: ovvero i servizi di spionaggio.
Rimini nel secondo dopoguerra, per la sua posizione militare nello scacchiere Nato (con l'aeroporto di Miramare), è stata sempre oggetto di attenzione particolare da parte di quegli stessi servizi che cercavano di mascherarsi nei modi più consueti. I giornali ad esempio non servono soltanto come fonti ai diplomatici ospiti, ma pure come strumento per influenzare l'opinione pubblica. Oppure quale paravento per nascondere una presenza sul territorio che non potrebbe essere altrettanto elegante se si mascherasse da rivendita di generi alimentari.
Sul tema ci sono due oscure storielle locali dimenticate. Prima. All'inizio degli anni Sessanta arriva al grattacielo la redazione di una effimera rivista il cui direttore dichiarava di voler mettere a Roma una telescrivente che sarebbe stata letta da una cronista ai colleghi di Rimini. Ovvero ignorava che un servizio di telescrivente si piazzava dappertutto via telefono. Come oggi succede per internet.
Seconda notizia. Alla fine di quegli stessi anni un foglietto locale senza capo né coda trova ospitalità a palazzo Fabbri, grazie ad un Centro studi che pagava affitto e pagine (curate da un massone) con testi filo-Usa. Poco tempo fa si trovava elencato quel Centro studi fra le operazioni politiche di un servizio segreto.
Altre notizie sono meno clamorose. La scomparsa di un vecchio collega riminese, fa ricordare che, per essere iscritto all'Albo professionale come corrispondente locale del foglio missino, egli a metà anni '50 salì a San Marino per dare del pataca ad un capitano reggente, finendo in quel carcere. Poi lentamente salì in Rai. In quota socialista. [1019]

Antonio Montanari
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