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antonio montanari

Terzo occhio e quarto potere

 
Dovremmo cominciare a discutere di cose italiane prescindendo dal "terzo occhio" straniero, proprio in virtù di quello che Barbara Spinelli scrive oggi nel consueto editoriale su "La Stampa". Ovvero che "può anche essere un connazionale che riesce a guardare da una certa distanza, che è meno fasciato da bende linguistiche patrie".
Ma dovrebbero essere i grandi commentatori come Spinelli a stimolare i loro giornali a dar voce a chi rifiuta le "bende linguistiche patrie" e parla fuori dei denti.
Oggi ci sono anche i blog. Ma per che cosa (pigrizia o gelosia professionale) la carta stampata non ospita qualcosa di quanto i blog producono?

L’"Economist" (a proposito dell’opposizione all’amatriciana del Pd, ovvero all’insegna del "volemose bene", che non poteva fingere di recitare "all’inglese"), racconta verità talmente ovvie da apparire folcloristiche.
Sia in campagna elettorale sia oggi, l’informazione nazionale è legata allo "spettacolo", all’intervista ed a ciò che una volta si chiamava il "colore".
Non si racconta il Paese reale, se non dove succede il delitto ‘politico’ o l’arresto ‘eccellente’ che pesano "come macigni" nelle cronache. E tutto il resto è noia. Ovvero non degno d’attenzione e di sottolineatura. Così, allegramente, il nostro Paese naufraga tra i sorrisini di compassione del solito corrispondente straniero che scriverà: "Noi ve lo avevamo detto…".
Forse tutto ciò dipende da un’altra questione: quanto conviene al mondo dei Grandi Giornali di non essere il "quarto potere". Le analisi dei commentatori illustri, per forza di cose, restano alla pura teoria filosofica. Mai nessuno di loro parla dei fatti nazionali o locali: accordi sottobanco, imbrogli edilizi, colleganze con grembiulini di nessun valore né politico né scientifico aldilà del loro "particulare", favoritismi, mecenatismo peloso, strizzatine d’occhio, parcelle d’inutili consulenze, concorsi organizzati "ad personam"…
Ma così, in questo silenzio da allegro naufragio, il Paese è andato alla deriva, verso Bossi e Berlusconi, e corre il rischio di finire in malora. Sullo sfondo si ascoltano soltanto le orazioni funebri, altisonanti, solenni ed inutili. Ha concluso Barbara Spinelli che avidità e conformismo vietano oggi in Italia di comprendere il primato della legge.

Non è colpa soltanto dei politici, bensì anche di chi non fa funzionare il quarto potere del "tribunale della pubblica opinione". Che "esiste in ciascheduna nazione; ch’è invisibile, perché non ha alcuno de’ segni che potrebbero manifestarlo, ma che agisce di continuo, e che è più forte di magistrati e delle leggi, de’ ministri e de’ re […]", e che opera con un solo mezzo, la "libertà di stampa" (G. Filangieri, "Scienza della legislazione", 1782-86). A questa "libera stampa" occorre oggi appellarsi.

 

La carica dei 101


Time100 Loro sono soltanto cento: non uno di più, non uno di meno.
L'ultimo, quello che fa salire la cifra totale a 101 non appare nella lista dei personaggi più famosi del mondo stilata dalla rivista americana "Time". Ce lo abbiamo messo noi perché è l'autore di una biografia di uno di quei cento prescelti.
Esattamente della biografia di George W. Bush. L'autore si chiama Silvio Berlusconi, "elected Prime Minister of Italy for a third time last month", scrive "Time".

Berlusconi è abituato a distribuire patenti di democrazia per cui non fa differenza per lui se tra i suoi premiati c'è Bush oppure Putin.
Questo dovrebbe già suggerire qualche sospetto circa la capacità berlusconiana di distinguere bene le cose.

Ad aggravare questo nostro sospetto è giunta la frase di Berlusconi nella biografia di Bush pubblicata dalla rivista americana.
George_bush Il cavaliere dichiara, con la solennità di un banditore ufficiale, che Bush "sarà ricordato come un leader di ideali, coraggio e sincerità" ("I am sure that George W. Bush will be remembered as a leader of ideals, courage and sincerity").

Proprio mentre si diffondevano le notizie su quei cento eletti "big dell'anno", in Usa apparivano i risultati di un sondaggio della CNN che, con il 71% delle opinioni raccolte, condanna la condotta politica di Bush.
Ha scritto "Le Monde": "Il est désormais "le président le plus impopulaire de l'histoire moderne" des Etats-Unis. Ni le président Richard Nixon ni le président Harry Truman n'avaient franchi le seuil de 70 % de mécontents".
Beato Berlusconi che va controcorrente rispetto agli stessi americani, segnalando che Bush è entrato nella storia come "a leader of ideals, courage and sincerity".

A chiunque può capitare di sbagliare porta frequentando locali poco conosciuti. Berlusconi ha chiamato storia quello che sarà invece soltanto un ripostiglio in cui verrà posto, stando ai sondaggi della CNN, questo presidente da dimenticare per tante, troppe cose.

Tra i "100 big dell'anno" non c'è papa Ratzinger.
La Santa Sede ha manifestato il suo sconcerto: "Sono stati utilizzati criteri assolutamente estranei a valutazioni sull’autorità religiosa e morale del Pontefice".
Una volta il papa era detto "Servus servorum Dei". Nell'Ecclesiaste c'è scritto: "Vanitas vanitatum, omnis est vanitas". Oggi forse nella Santa Sede non conoscono più il latino, e si dimenticano che il papa è nulla in sé, ma conta come immagine simbolica di Gesù Cristo.

Nota bene. Prego i teologi che volessero intervenire di non infamarmi come quella volta in cui si discusse della questione galileiana. Quando un sacerdote di Roma, che smascherai (nel senso che scoprii che aveva  volontariamente omesso il "don" per non farsi riconoscere), con grande spirito cristiano mi dette del "bacato".

[Anno III, post n. 127 (504), © by Antonio Montanari 2008]

 

L'onore del Colle


020408Il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, rispondendo duramente a Silvio Berlusconi, ha voluto che fosse rispettato l'onore della carica da lui rappresentata, non tanto quello della sua persona. Ed ha fatto bene.
Soprattutto perché la successiva replica di Berlusconi tendeva a salvare la figura di Napolitano ("Non create casi che non esistono", ha detto ai giornalisti), e di lasciare sotto tiro soltanto quella di Ciampi: "Quanto al fatto che ci sia stato un rapporto dialettico tra me e il presidente Ciampi lo sanno tutti. Abbiamo avuto molte occasioni di divergenze poi superate nel rispetto reciproco".

A sua volta Carlo Azeglio Ciampi ha smentito (ancora una volta) la leggenda metropolitana diffusa dalla destra di Berlusconi (e Calderoli) che lo vuole responsabile politico del "porcellum" (o "porcata"), cioè del premio di maggioranza al Senato nella legge elettorale in vigore.

In uno Stato "costituzionale" (con la divisione dei poteri), nessun leader politico può legittimamente spargere veleno come ha fatto ieri il candidato leader del Pdl sulla più alta carica che oltretutto rappresenta l'unità nazionale.

Purtroppo Berlusconi è avvezzo ad offendere chi non la pensa come lui. Anche se siede sul Colle. Nel febbraio 2005, il cavaliere accusò lo stesso Ciampi di essere condizionato prima della promulgazione delle leggi dalle "sirene della sinistra". Una nota del Quirinale parlò di "sorpresa" di Ciampi, per difendere la correttezza dell'operato del presidente.
In tempi precedenti (si legge in un libro del 1997, di Augusta Forconi), Berlusconi definì Napolitano "il peggiore perché sembra un inglese e invece si comporta da stalinista".
Passano gli anni e Berlusconi non perde il vizio. Quindi la difesa dell'onore del Quirinale fatta ieri sera da Napolitano, è stata quanto mai opportuna, anzi necessaria.

Documenti.
Queste parole di Berlusconi: "Sappiamo che ogni decisione del Consiglio dei ministri dovrà passare per le forche caudine di un capo dello Stato che sta dall'altra parte. Ricordo i rapporti con Carlo Azeglio Ciampi...".
Questa la dichiarazione del Quirinale di ieri sera: "La presidenza della Repubblica, chiunque ne fosse il titolare, ha sempre esercitato una funzione di garanzia nell'ambito delle competenze attribuitele dalla Costituzione senza mai sottoporre a interferenze improprie le decisioni di alcun governo, e considera grave che le si possano attribuire pregiudizi ostili nei confronti di qualsiasi parte politica".
Queste le parole di Ciampi: "L'obiezione da noi mossa al testo inviatoci allora da Palazzo Chigi, prima che fosse approvato al Consiglio dei ministri, riguardava solo l'incostituzionalità del premio di maggioranza nazionale per il Senato, che era in palese contrasto con l'articolo 57 della Carta. L'articolo, per intenderci, secondo il quale il Senato è eletto a base regionale. Da un punto di vista giuridico l'ostacolo era insormontabile, dunque lo segnalammo".
Ciampi, ha detto P. F. Casini oggi, è "un galantuomo che ha fatto onore all'Italia".

[Anno III, post n. 100 (477)]

I post precedenti non pubblicati in questo blog, si leggono di qui:

http://amontanari.idoo.com/indice.html

 

A futura memoria

La notizia di quanto è avvenuto a Napoli, con l'irruzione della polizia in una sala parto o nei suoi pressi (è una minima differenza, un lieve ritardo nel giungere sul luogo del presunto delitto), non va dimenticata.

Una telefonata "anonima" prospetta un grave reato. La Magistratura interviene immediatamente. La signora che è stata appena sottoposta ad un intervento di interruzione di gravidanza, è interrogata immediatamente dalla Forze dell'Ordine.

Insomma, uno scenario che fa spavento. Un clima da caccia alle streghe. Che diventa sempre più pesante. Come se non fossero bastate le parole pronunciate da Giuliano Ferrara al Tg1: in trent'anni (quelli della legge sull'aborto) si è registrato un miliardo di interventi. Tra le due cifre non c'è legame logico. La legge è italiana, il dato statistico è mondiale. È lecito confondere le idee così, soprattutto nel servizio pubblico?

Ha detto oggi Marco Pannella: "Con la lunga intervista a Giuliano Ferrara in apertura del Tg1 delle ore 20, subito dopo l'intervista a Berlusconi, c'è semplicemente da chiedersi se l'ipotesi di una Marcia su Roma di milioni di persone, di un'alleanza torbida oltre che anti-istituzionale e anti-costituzionale, sia sul punto di esplodere.
La legalità è totalmente negata e con jattanza, oltre che milioni di squadristi, si annunciano una quarantina - non più quattro - di quadrumviri. L'Autorità garante e il partito Rai Tv garantiscono la stessa composizione della maggioranza del periodo 1922 - 1924 - 1929 e seguenti, fino a Salò".

Riferendosi non al caso della signora napoletana ma al quadro generale della nostra politica, e precisamente al contrasto tra Stato e Chiesa, stamani sulla "Stampa", Gian Enrico Rusconi chiudeva il suo pezzo scrivendo che "è semplicemente in gioco la nostra fragile e preziosa democrazia".

La scelta di questa sera di Pier Ferdinando Casini di correre da solo, è la logica conseguenza dell'investitura feudale decretatagli dal cardinal Ruini. Che buone fette della politica cattolica non fossero più tanto vicine al Cavaliere lo aveva dimostrato anche il meeting riminese di CL, lo scorso agosto. Per il quale scrissi un titolo che oggi torna d'attualità: "CL, Silvio addio".

 

Tonina Pantani

 
Oggi è uscito il libro che Tonina Pantanti ha scritto nel tentativo di riuscire a far luce sulla morte del figlio, il "Pirata" che aveva affascinato milioni di tifosi.
Ieri sera la signora ne ha parlato con Antonello Piroso su "la7". Sfoderando quella grinta che certe donne genuinamente romagnole  mostrano per vincere il dolore che le attanaglia.

Non mi occupo mai di vicende giudiziarie. Quindi non entrerò nel merito della questione che la signora Tonina offre al pubblico.
M'interessa un aspetto. Quel grido di dolore per cercare giustizia, quella "Giustizia" che dovrebbe essere uguali per tutti, ma che in Italia finisce per essere troppo spesso una chimera.

Questa mattina su "La Stampa" è apparso un articolo del prof. Carlo Federico Grosso in cui si discutono vari aspetti del momento politico presente. Dal sospetto che la attuale legge elettorale possa essere addirittura dichiarata illegittima (con inevitabili conseguenze anche sul prossimo voto del 13 aprile), alle questioni derivanti dalla "vera e propria corruzione”, come "numerose indagini penali stanno evidenziando". Infatti, "nella gestione della politica quotidiana c'è una pratica diffusa di clientelismo, favoritismo, protezione dei famigli, tutela del clan, dei suoi componenti, degli amici. E' il trionfo del particolare in luogo del perseguimento dell'interesse generale".

Si chiede il prof. Grosso: "Repubblica italiana come repubblica fondata sull'illegalità, allora?".

Le vicende come quella della morte di Marco Pantani e della "corsa" della signora Tonina per conoscere la verità su di essa, inquietano anche se si vuole rimanere freddi davanti alle altrui emozioni.
Inquietano non perché comportino un eccesso di clamore, ma perché l'ansia di una madre per arrivare a quel traguardo di verità, diventa parte di noi stessi, se vogliamo avere il senso della comunanza, dell'appartenenza ad una società 'civile'.

Ha scritto bene Franzo Grand Stevens, per un'altra questione, nella stessa pagina della "Stampa", in una lettera in cui si ricordava la risposta di Benedetto Croce a chi gli chiedeva, per atti burocratici, se fosse ebreo: "atto odioso e ridicolo", spiegava il filosofo napoletano, sarebbe stato quello di dichiararsi non ebreo "proprio quando questa gente" era perseguitata.
Scrive Stevens che "non soltanto non bisogna essere vili ma non dobbiamo neppure essere pigri ed indifferenti".

Queste parole mi sembrano le migliori per inviare un saluto a "mamma Tonina", e dirle che la battaglia per la giustizia sulla morte del "Pirata" è anche la battaglia per la "Giustizia" in Italia. Ci riguarda tutti.

 

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